Voglio portarvi, con semplicità e leggerezza, con i miei occhi, all’interno di una mostra che sorprende, meraviglia, a tratti scuote, impressiona, emoziona.
Un piacere per lo sguardo e per la mente percorrerla e sfiorarla visivamente, passo dopo passo, opera dopo opera.
HUMANS è il tema della ventottesima mostra di arte internazionale contemporanea MINIARTEXTIL, la quale sceglie come partenza del suo viaggio la ex Chiesa di San Francesco a Como.
Uno spazio medioevale, antico, dal sapore di una storia passata, ma ancora “presente” a fare da cornice a questa esposizione di arte tessile ed immersiva.
Lo spazio accoglie il visitatore con quell’atmosfera tipica di un luogo “ancora sacro” e subito l’attenzione viene catturata dal “Déjà Vu” di Pia Manniko che abbraccia, circonda, incuriosisce. Tante ombre di dimensioni pressoché reali sono impresse su tulle sospeso. Sembra che ci siano persone vere ad osservarci e a sussurarci parole. Sembra che qualcuno, curioso, sia alla ricerca di qualcosa nello spazio, forse di una nuova e diversa dimensione.
Passo e ripasso tra le stoffe. Avanti e indietro. Vorrei potermi non allontanare da questo spazio, da questa sensazione. Mi sento come in un ossimoro, in un “déjà vu futuro”.
Non appena mi riesco a distrarre dalla quadrimensionalità di questa folla umana, dove l’ulteriore “quarto piano” presente è quello delle emozioni, mi si presenta in tutta la sua maestosità l’opera di Soo Sunny Park dedicata alla luce. Una serie di cristalli di plexiglas, sospesi ed intrecciati da una rete metallica, filtrano e riflettono luci naturali ed artificiali. Colori sparsi ovunque ad illuminare, come un mosaico, l’abside di San Francesco.
Luce sospesa. Luce che incanta. Luce che è familiare ed umana. Questa è “Unwoven Light”.
Il cammino prosegue tra il sogno e la realtà di “Pleine Lune”. Una vita vera rappresentata nelle stoffe scure di Sandra Matamoros. Fotografie immortalate su cinque tele unite tra loro da un filo argentato che le cuce. Attimi che restano impressi. Dolore, gioia, età, famiglia ed amore.
Tutto è collegato. Sono i momenti della vita di ognuno di noi che formano il nostro percorso. Niente resta separato. Conosciamo la felicità perché sappiamo cosa è la sofferenza e viceversa.
Curiosa, ingegneristica e fisica, l’opera di Chloë Østmo dal titolo “Falling”. Rappresenta in tanti “pezzi” la caduta di una donna.
Ovunque si guardi, non si perde nulla di quell’istante. Ogni frammento parla del momento. Come se il ricordo di quella scala e il ricordo in generale non si potesse cancellare.
I fili di nylon che scendono dal cielo sono stati creati da Patrizia Polese che, con “The Jungle”, ci regala un’altra opera immersiva. Rappresentazione dei media e delle mille informazioni che oggi necessariamente ci condizionano e ci toccano, merita di essere attraversata.
Tutto tenta di imbrigliarci e di condizionarci. Difficile, ma possibile, trovare l’equilibrio e liberarsi.
E ancora, mi volto e resto impressionata dalla emotività delle maschere di David Oliveira.
Mi attraggono i colori dei cappelli di Maimouna Guerrisi che proteggono dalle “intemperie della vita”. Mi ricorda il miracolo della vita il genoma di Charles Sandison in cui un volto si forma dall’unione di minuscole lettere.
Mi fermo sul rosso potente di Maria Lai e sulla sua interpretazione della vita secondo la quale i rammendi sono necessari per placare eventi e dolori.
A terra noto il sale che compone la speranzosa “Palmira” di Medhat Shafik.
Immergo le mie mani nella mani di Sung Chul Hong. Le corde di “String Column” a fare da trama e a rappresentare la distorsione della realtà prodotta dai media.
Fa da contrasto alle “pareti ruvide” della Chiesa, la morbidezza del velluto voluto da Marco Rubbera ed Enrico Mancini, studenti dell’Accademia delle Belle Arti di Brera a Milano, vincitori del Premio Sponga. La nostra mente, in “Reliquia”, percepisce immediatamente un corpo umano. In realtà, la stoffa plasma “semplicemente” una sagoma; sagoma intrisa del talento di questi giovani artisti.
Ad occupare la navata centrale i 54 minitessili di Miniartextil, esposti con grande maestria, sospesi nello spazio.
Forse l’Arte appartiene ad una dimensione più pura rispetto all’umanità di oggi?
Forse l’umanità ha necessità di alzarsi in punta di piedi e di sospendersi per recuperare la propria intimità e la propria interiorità?
Forse è necessario innalzarsi per elevarsi sino all’Arte?
La soggettività qui trionfa. I presenti alla press preview del 27 ottobre restano in ascolto delle opere che più li rispecchiano. Ognuno è ovviamente colpito da quel qualcosa di lui che l’opera richiama.
Siamo UMANI e la sensibilità e la soggettività di ognuno di noi si fa sentire.
Osservo la stoffa della carta igienica di Xia Gao intitolata “Daily Life”, i tanti abitanti di “Una ciotola di umanità” di Ramona Conconi, i visi del “Mé(tissage)" di Caroline Turner, la bambina che cammina “Delicatamente” di Antonio Bernardo, lo stare “In scatola” di Michele Liparesi. E ancora i colori di Chiara Passigli con la sua “Words are never alone”, i volti espressivi degli “Humans” di Francesca Nicchi, e la sensazione cruenta che dà il dolore emotivo alla quale Marialuisa Barbera ci riporta con “Toglierò i chiodi dal tuo cuore”.
Tra le tante opere mi soffermo anche sulla “Disumanità”. Tema vivo quello del mare, delle terre lontane e delle terre che in apparenza portano speranza. Un minimo comune denominatore per ogni aspetto di questo racconto: la gabbia in cui tutti siamo ricompresi. Un solo soffio di speranza guardando il cielo.
Mentre commento ad alta voce questa visione, si materializza dietro le mie spalle Alberto Borellini, l’autore, che mi spiega come è nato questo suo lavoro. Dettagli, minuzia e la contemporaneità - anzi l’attualità - di questa creazione.
Altri dettagli e descrizioni mi vengono date da Vera Fisogni, affermata giornalista italiana, che ho avuto l’onore di incontrare in questo percorso.
Le foto di Gin Angri accompagnano la mia uscita.
“Medesima piazza ma due piazze diverse”. Un titolo che ben rende questa doppia visione di Piazza Duomo a Milano. La folla nel 1992 che rappresenta l’umanità unita, per un ideale comune, davanti al capolavoro di Toscani. La seconda, del 1994, in cui la folla si riunisce per il Karaoke di Fiorello, ma senza quell’ideale presente due anni prima.
Mi colpisce scoprire che questa seconda immagine in bianco e nero non appartiene al “dopoguerra”, ma è invece poco lontana da noi. Quella piazza, vista oggi, sarebbe colma di gente con telefonini alzati, più attenta a catturare un momento che a viverlo. Mi chiedo se, in quel momento, la gente non fosse comunque più “presente” e più “connessa emozionalmente”, rispetto ad oggi, in uno stesso luogo, in uno stesso tempo.
Cammino ancora in questo spazio e non vorrei andare via. Sento il richiamo delle luci e delle ombre presenti. Non serve chiedersi cosa sia l’Arte e cosa sia l’Arte oggi. Per me è importante tutto ciò che genera stupore, osservazione, emozione. È Arte ciò che sa comunicare e che “arriva”.
In questo luogo il messaggio è chiaro, forte, preciso. L'arte "trama", arriva e soprattutto "resta".
Visitate, prima che finisca il suo viaggio per il mondo, MINIARTEXTIL. Sino al 18 novembre, in Italia, a Como.
Grazie ancora per la press preview e per tutte le preziose spiegazioni a Paola Re, Chiara Anzani, Nazzarena Bertolaso, Mimmo Totaro e alla Fondazione Bertolaso Totaro Sponga - MINIARTEXTIL nel suo complesso.
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